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Haarlem, 9 ottobre 2018

Caro papa Francesco,

Da quasi 40 anni il ‘Werkverband van Katholieke Homo-Pastores’(WKHP), un’associazione di sacerdoti, religiosi, diaconi e operatori pastorali che sono omosessuali s’impegna per il benessere delle persone omosessuali nella Chiesa e nella società olandese. L’associazione, che attualmente ha 45 soci, mantiene stretti rapporti con gli ‘holebipastores’(fratelli omosessuali) un associazione simile alla nostra nelle Fiandre.

L’occasione per scriverLe è stato il documento Il dono della vocazione presbiteriale (DVP), che è stato pubblicato il 8 dicembre 2016 dalla Congregazione per il Clero. In questo documento si conferma la linea dei suoi ultimi due predecessori, secondo la quale si deve prevenire che uomini omosessuali vengano ordinati sacerdote. Benché il documento affermi che la Chiesa nutre un profondo rispetto per le persone in questione, ci si trova anche l’affermazione arbitraria e infundata che “le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne” (n. 199). I mezzi di comunicazione inoltre hanno diffuso la notizia che Lei nel maggio di quest’anno alla riunione della Conferenza Episcopale Italiana ha ribadito l’urgenza di respingere i candidati al sacerdozio che sono omosessuali.

Con questa nostra lettera vogliamo farLe sapere che noi, membri dell’associazione soprascritta, abbiamo grandi interrogativi sulle affermazioni del documento della Congregazione. I nostri argomenti sono:

  1. Attualmente, come nel passato, nella Chiesa c’è un grande numero di uomini che sono sacerdoti pur essendo omosessuali. Questi uomini funzionano bene o meno bene o male, come succede anche nel caso dei sacerdoti non-omosessuali. Il documento della Congregazione sembra però non riconoscere questa realtà.
  2. Invece, nel documento i sacerdoti omosessuali ricevono il messaggio subliminale che a) per la loro inclinazione eo ipso sono inadatti al sacerdozio e che b) in effetti non dovrebbero essere sacerdote. Loro potrebbero sperimentare questo messaggio come squalificante e con ciò un peso demotivante per l’esercizio del loro ufficio. Così, almeno, è la nostra esperienza.
  3. A nostro parere l’idoneità per il sacerdozio non dipende dal fatto di essere eterosessuale o omosessuale, ma da come uno, da seminarista e da prete, vive la propria sessualità.
  4. Pensiamo che i candidati per il sacerdozio, che siano eterosessuali o omosessuali, e i sacerdoti che sono consapevoli della propria sessualità, e che la accettano come un dono di Dio, che non la rifiutano, che ne possono discutere al momento giusto e che nella loro vita di prete la possono maneggiare bene, non sono un problema, anzi: nel contesto di Chiesa e fede possono funzionare bene e essere rispettati come validi preti.
  5. I candidati al sacerdozio e i sacerdoti che negano la propria sessualità a se stessi e agli altri, che la misconoscono e la rimuovono, loro sì che possono manifestarsi con dei problemi nel contesto di fede e Chiesa. Così potrebbero nascere varie forme di aberrazione, di abuso e di un rapporto difettivo con gli altri e con se stessi. – Il punto di vista di DVP n. 200 (“Qualora si trattasse di tendenze omosessuali che fossero solo l’espressione di un problema transitorio come, ad esempio, quello di un’adolescenza non compiuta, esse devono comunque essere chiaramente superate almeno tre anni prima dell’Ordinazione diaconale”) a noi sembra essere frutto di una psicologia dubbiosa e espressione di un pio desiderio. Per di più, nella pratica questo punto di vista potrebbe diventare un’invito alla repressione e, come detto, risultare in varie forme di aberrazione. Così la Chiesa getta il fumo negli occhi a sé stessa e ai candidati omosessuali.
  6. Non possiamo non pensare che ‘Roma’, la Congregazione per il Clero e forse anche Lei stesso siano fortemente inclinati – ingiustamente secondo noi – a cercare la causa e la colpa dell’abuso sessuale di bambini e minorenni specialmente in sacerdoti che non negano la propria omosessualità. Al nostro parere invece la grande crisi dell’abuso sessuale è un prodotto della forte squalifica, repressione, negazione e integrazione insufficiente delle propria sessualità da molti ufficiali e altri credenti nella nostra Chiesa, soprattutto quando si tratta di omosessualità. Non si è in grado e non se ne ha nemmeno voglia di discuterla. Se ne parla soltanto nel contesto del sacramento della confessione. Al nostro parere tutto questo ha un effetto molto negativo per la Chiesa intera e in particolare per gli ufficiali stessi.

Secondo noi il modo in cui nel passato e ancora oggi la nostra Chiesa romano-cattolica talvolta parla e scrive di persone omosessuali spesso non è recepito positivamente in Olanda, non solo fra i non cattolici ma anche fra i cattolici stessi. La credibilità dell’evangelizzazione cattolica nel nostro paese ne soffre.

Caro papa Francesco, noi sentiamo una grande simpatia per la Sua persona e apprezziamo molto l’esercizio del Suo ufficio. Parecchie volte Lei ha testimoniato il Suo interesse e la Sua comprensione per persone omosessuali. Però, la linea della Chiesa e anche il Suo approccio ufficiale verso l’argomento di sacerdozio e omosessualità compromettono il Suo interesse.

Perciò Le chiediamo di correggere la disposizione del DVP secondo cui i candidati omosessuali ipso facto siano esclusi dall’ufficio del sacerdozio.

Nell’approfondimento di questa materia noi vorremmo essere consigliati. Perciò Le chiediamo di permetterci fra breve termine un colloquio con Lei o con un Suo rappresentante. Speriamo di ricevere una Sua reazione a questa nostra proposta.

Con un saluto cordiale e fraterno da parte del ‘Werkverband van Katholieke Homo-Pastores’ (Associazione di Pastores Omosessuali Cattolici),

Frans Bossink
presidente
contact@homopastor.nl

cc (1) Mgr. Dr. Angelo Cavalli, Nunzio apostolico per l’Olanda, (2) Beniamino Cardinale Stella, Prefetto della Congregazione per il Clero, (3) Tutti i vescovi dell’Olanda e delle Fiandre.